Il disegnatore racconta “Adrian”, la nuova serie di animazione che da lunedì riporta in tv il Molleggiato con uno show di nove puntate su Canale 5
di Silvia Fumarola
Lo ripeto sempre: quando chiama Celentano è come se chiamasse la patria». Milo Manara, grande disegnatore, papà di Corto Maltese, lo dice ridendo, ma per lui è davvero così. «Lo seguo da quando sono ragazzo, per me rappresenta la libertà. Quando mi ha chiamato per disegnare Adrian, che all’inizio doveva essere un film d’animazione di dieci ore, ho accettato subito». Progetto complesso, partito nel 2009, con le musiche di Nicola Piovani e i testi di Vincenzo Cerami, Adrian è diventato una serie in nove puntate in onda su Canale 5 da lunedì. Le battaglie combattute dall’orologiaio Adrian, eroico uomo comune, sono quelle care a Celentano: lotta all’inquinamento, la denuncia della violenza sulle donne, la battaglia contro la dittatura.
Manara, com’è nato il progetto?
«Celentano mi chiamò per spiegarmi che voleva fare un lungo film di animazione, una cosa piuttosto importante. Mi chiese di mandargli le immagini su cui lavorare, di disegnarlo in varie situazioni: di fronte, di profilo, di spalle. Poi ho disegnato le espressioni fondamentali: rabbia dolore stupore».
Ha una fisicità e uno stile definito: su cosa ha puntato?
«Gli occhi e lo sguardo: la caratteristica di Adriano è lo sguardo».
Celentano ha qualcosa in comune con Corto Maltese?
«Mentalmente sì: è libero. Quello che mi colpisce di questo ottuagenario – sono andato a Milano a pranzo con lui per vedere il lavoro finito – è che è ancora un ragazzo, lo stesso che cantava Il tuo bacio è come un rock. Ha lo stesso sguardo nei confronti del mondo ed è sempre avanti. In questo senso un’eccezione: è in un mondo suo ma nello stesso tempo osserva il mondo esterno».
Secondo lei è questo che lo rende speciale?
«Lo adoravo dalle prime apparizioni al Festival di Sanremo. Mi piace la ventata di rinnovamento che ha portato, nell’ambito della musica e direi nel costume. Era uno dei protagonisti di quel grande movimento che negli anni 60 ha svecchiato la società. Tanto che lo stesso Fellini lo ha voluto nel suo capolavoro, La dolce vita».
Per “Adrian” le ha spiegato i temi che avrebbe trattato?
«Sì e mi ha chiesto di visualizzare anche i personaggi secondari: in alcuni casi mi ha dato indicazioni puntuali precise, in altri me li ha affidati. Ho fatto il casting».
Nell’era del #MeToo come si disegna la violenza alle donne?
«È uno degli argomenti della storia, sono stato conquistato dal progetto perché condivido tutto quello che vi viene rappresentato. C’è una parte che denuncia la violenza sulle donne. Ovviamente mi sono fatto degli scrupoli ma non mi sono censurato. Sono stato molto attento – in virtù di questi scrupoli – a non trasformare le scene di violenza in scene erotiche. Ci può essere il rischio».
Si spieghi meglio.
«Se si guardano le illustrazioni di De Sade, è arte erotica, parla di uno dei misteri dell’animo umano: la violenza inflitta e subita. Volevo sottrarmi a questo. La violenza sulle donne è sopraffazione».
Nella serie c’è Claudia Mori, bellissima e sfrontata: le ha chiesto qualcosa in particolare?
«Lei rappresenta la dimensione della compagna, seducente, forte. Mi ha chiesto che non sfociassi mai nella volgarità. Ma si vedrà come il loro rapporto sia assolutamente paritario. Claudia non è assoggettata, anzi con lui è spesso polemica».
La città in cui si muove Adrian è quotidiana e futuribile.
«Ho fatto il casting anche sugli elementi architettonici: c’è una buona dose di utopia ma anche di distopia. La città e le ambientazioni sono personaggi della storia».
Prima di Celentano aveva lavorato con Fellini e Mastroianni: come si confronta con personaggi realmente esistiti?
«È ovvio che questi grandi personaggi col loro corpo portano insieme il loro immaginario. Difficile considerare Fellini senza i suoi film, disegnarli è una forma di rispetto e venerazione».
E invece per la copertina del disco di Lucio Dalla come andò?
«La prima volta venne a casa mia per chiedermi di disegnare la copertina di un suo cofanetto. Gentile, curioso: chiacchieriamo ore di tutto, ma non del disco. Se ne va. Rimango perplesso. Poi mi telefona il suo agente: non ha avuto il coraggio di chiederle la copertina. Ci siamo rivisti, venne a trovarmi durante una vacanza a Gallipoli. Per 12000 lune sono partito dai suoi desiderata: la basilica di San Petronio, il cielo stellato, lui al timone di una barca, la schiuma del mare. Era felice: “Mi hai fatto più bello di mia mamma”».
18/01/2019 – La Repubblica