Ma quant’è perfida Mina. Amichevolmente perfida, per carità. Gioca, scherza, ma non le manda a dire neanche a Celentano. Ieri, nella sua godibilissima rubrica sulla prima pagina della Stampa, ha indorato il suo amico Adriano prima di silurare la sua (presunta, ventilata, supposta) candidatura a sindaco di Milano che lui ha magnificato con quel «Io sindaco di Milano, perché no?» che da giorni ronza nell’aria. Nel bel mezzo del peana, un capolavoro: si è addirittura candidata a vicesindaco affinché «non sia Capanna», intendendo quel Capanna, cioè Mario, già lui. Insomma, si è candidata a far da vicesindaco a Celentano nel mentre gli sconsigliava di fare il sindaco. «Non essendo un malato di mente, non credo proprio che abbia voglia di intraprendere quel cammino». Favoloso, Mina quando ci si mette, scrive come canta, cioè benissimo, con la penna come la voce, strutturata, stratificata, leggibile su più livelli. Ieri il livello era forse questo: Adriano, pensaci bene, non è cosa. Andiamo con ordine. Lui, certo, «ha la qualità per mettere in atto tutto quello che vuole». Perché «sarà anche il re degli ignoranti, ma quando c’è da far sul serio, gli viene fuori una dotta, raffinata, sana astuzia… no, non mi piace astuzia, direi ingegnosità, ecco sì». Fin qui, bene. Ma c’è «un freno che bloccherebbe qualsiasi motore». Celentano sogna la formazione di «un partito che forse ancora non c’è». Perciò, caro Adriano, non essendo tu appunto un «malato di mente», lascia perdere, «è stato un bel sogno» ma rimaniamo quello che siamo, io la più grande cantante italiana di sempre, tu uno showman con i fiocchi, il più carismatico di tutti. E magari, già che ci sei, pensaci un po’: è dal ’98 che non cantiamo più insieme e quello sì, volendo, è un bel sogno realizzabile ancora.
24/05/2010 – Il Giornale