Ora spuntano i primi pentiti: Adriano è ripetitivo
ROMA — Carlo Rognoni, consigliere di amministrazione Rai in quota Ds, si toglie sorridendo un peso dallo stomaco: «La terza puntata di Celentano? Sarò sincero. Non ne posso più di sentir parlare male di Berlusconi. Se continua così, rischiano di farlo apparire più simpatico di quello che già non è per conto suo».
Accidenti: questi benedetti miti non fanno che cadere. Persino Celentano, alla terza replica e soprattutto alla terza omelia laica in diretta, può apparire stanco, opaco, ripetitivo. E magari deludere i fan più sfegatati. Rognoni parlò di «spettacolo di altissimo livello» con atmosfere «degne di Brecht, o alla Dylan Dog»: «E lo confermo per le musiche, le luci, le scenografie. Certo, lo scoppiettìo legato alla presenza di Benigni o la tensione creata per l’aspettativa politica nella prima puntata, giovedì sera sono caduti. Non c’era nulla di nuovo che tenesse in piedi il tutto. Un prodotto celentano-centrico che ha perso un po’ di attrattiva».
Anche Gavino Angius, capogruppo dei senatori Ds, (disse che Adriano gli era «piaciuto moltissimo») fa i conti con la noia: «Non so se sia dipeso da lui o dagli autori ma mi ha deluso soprattutto il duetto Teocoli- Celentano. La vicenda del “doppio” l’ho già vista altre volte. E poi mi aspettavo l’imitazione di Piero Fassino. Così avevo letto sui giornali, peccato, lì ci saremmo divertiti….» In quanto al resto? «Una qualità molto alta: luci, regìa, scenografia, un insieme molto accattivante. Ma il monologo col vocabolario è stato pesante. Il tutto appariva animato da poca tensione. C’è stata prevedibilità. In compenso ho visto un grande Crozza».
La delusione è politicamente trasversale. Anche Ignazio La Russa, An, che considera il Molleggiato «un mito», lo ha ammesso giovedì notte da Vespa nel salotto di «Porta a porta»: «Stavolta non c’è stato il colpo d’ala…» Ma se a destra è inevitabile registrare dissensi su un Celentano ormai annesso al centrosinistra, anche in area Unione serpeggiano i primi dissensi soprattutto sul telepredicatore politico.
Sostiene per esempio Sandro Curzi, consigliere Rai in quota Rifondazione, celentanista entusiasta della prima ora: «Lo ammetto, una puntata più lenta del solito. Anche Patty Smith non è stata all’altezza delle attese. Forse c’è stata un po’ di autocensura, probabilmente per le voci di una possibile telefonata in diretta di Berlusconi. Comunque resta il buon varietà. Ma c’è un rischio». Quale, Curzi? «Che tutto diventi una gran marmellata: Celentano, politica, approfondimento giornalistico. Un’ora e mezza di discussione su Adriano dopo «Rockpolitik” a “Porta a porta” mostra che qualcosa non va, e non è certo colpa di Vespa. C’è una politica molto fragile e una tv che la insegue». Discorso simile a quello di Giuseppe Giulietti, altro Ds pro-Celentano in funzione anti-censura: «La crisi della terza puntata va ricercata nel sovraccarico di significati attribuiti a uno show. Ci si aspettava la telefonata di Berlusconi, magari qualcosa da Prodi, tutti a dire “Dio mi stasera che accadrà…” Invece non è accaduto nulla, nel senso che a prevalere sono state le canzoni e magari la stessa comicità. Stanchezza? Forse, perché no, in qualche momento. Ma la puntata di giovedì ha messo in mostra un Paese mediaticamente malato». E qui torna il cortocircuito già indicato da Sandro Curzi.
La stessa sensazione anima il giudizio di Paolo Gentiloni, area Margherita, neo-presidente della commissione di Vigilanza Rai («bel programma, di qualità e grande professionalità», fu il suo primissimo parere). Dice ora Gentiloni: «Non sono un critico e parlo da spettatore per di più parziale, non ho visto metà della puntata per partecipare alla fiaccolata davanti all’ambasciata iraniana. E’ stata sicuramente più lenta delle altre. Mi sono divertito moltissimo la serata dell’esordio, molto con Benigni, un po’ meno giovedì scorso. Ma è sempre bella tv, i punti forti restano le scene e la musica». Comunque Gentiloni, come Curzi e Giulietti, avverte: «Non vorrei che la delusione nascesse dalla mancanza di scandali politici. Non è questo che si chiede a Celentano…».
Paolo Conti
05/11/2005 – Corriere della Sera