Ecco uno stralcio dell’intervista a Paolo Conte a cura di Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera del 28 Gennaio 2017, in cui parla anche di Adriano Celentano:
Ha compiuto 80 anni e non l’ha detto a nessuno. «Rileggo Fenoglio e amo Pascoli. Tifavo Torino, poi sono diventato milanista»
di Aldo Cazzullo, inviato ad Asti
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Cerco un po’ d’Africa in giardino/tra l’oleandro e il baobab/come facevo da bambino/ma qui c’è gente non si può più/stanno innaffiando le tue rose/non c’è il leone, chissà dov’è…
«La musica per me era una strega. Non un mestiere serio, come il panettiere, il muratore, il notaio. In famiglia erano tutti notai, e io ero a Roma a dare l’esame di Stato quando arrivò il telegramma di mio fratello: “Probabile Celentano”. Era il 1967, Adriano cercava una canzone da cantare insieme con la nuova ragazza del Clan, Claudia Mori: La coppia più bella del mondo. Io avevo scritto la musica, Luciano Beretta le parole».
Com’è il suo rapporto con Celentano?
«Buono, distante. Mi è sempre stato simpatico nella sua follia. Siamo tutti e due del capricorno, nati sotto Saturno: caratteri difficili, per sé e per gli altri; solitari, con un velo di malinconia. Andai qualche volta a trovarlo nella casa dove stava sempre chiuso, sopra Lecco, tra laghetti di montagna. Era preso da manie religiose, mi diceva frasi tipo “il paradiso è un cavallo bianco che non suda”. Tentava di convincermi, io recalcitravo».
Lei non ha fede?
«A ondate».
La domenica andava davvero all’oratorio?
«Certo. Ma non a chiacchierare con un prete; a giocare a pallone. Era l’unico campetto con le porte».
Azzurro/il pomeriggio è troppo azzurro e lungo per me/mi accorgo di non avere più risorse senza di te…
Nel fatale 1968 lei scrisse la canzone italiana più eseguita al mondo, più di Volare e O sole mio. Perché non la cantò anche?
«A cantare non pensavo proprio. L’interprete ideale era Adriano, artista popolare per eccellenza. Papà era morto all’improvviso, bisognava lavorare.
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Fabrizio