Marco Ventura
“Sono venuto qui a fare quattro chiacchiere con 16 milioni di italiani”. La battuta è riuscita: sufficientemente gigionesca e ipocrita. Celentano, però, non è un comico. Si schermisce dietro la propria icona, facendosi piccolo per ingigantirsi: lui da solo davanti a una platea di teleutenti (un italiano su quattro compresi i neonati). Eppure, se c’è una cosa che non ha nulla a che vedere con le chiacchiere, che notoriamente prevedono un confronto (un dialogo), è l’omelia monologante di Adriano a Sanremo. Il corto circuito linguistico diventa ancora più impressionante se in effetti, forse a insaputa di Celentano stesso (ma probabilmente non della Rai come ha denunciato la moglie del divo, Claudia Mori), il confronto alla fine si è innescato sotto forma di contestazione, trasferendosi nella sala dell’Ariston in un rimpallo teatrale da Colosseo contemporaneo, tra fischi e applausi. Tra pro e contro.
Il Predicatore ancora una volta aveva irriso “Avvenire” e “Famiglia Cristiana” e a quel punto qualcuno ha sferrato un urlo di pancia: “Basta!”. Anche se tutto sommato era un Celentano “a cuccia”, ieri. Col freno tirato. Si è difeso dicendo che non avrebbe potuto censurare, e tanto meno chiudere, i giornali cattolici, non essendone il proprietario, perciò aveva detto l’altra sera che “dovrebbero” (e non “devono”) chiudere. O almeno cambiare testata. Scrivono di politica e non di Dio? Allora che si ribattezzino, si convertano, la smettano di richiamarsi al Cristianesimo o al Paradiso (all’Avvenire).
Qualcuno poi ha riportato la pace urlando, a Lui e a Morandi: “Siete un pezzo d’Italia!”. Religiosamente vero. Ma quel che mi ha colpito è altro. Anzitutto, l’aria appagata e sorniona di Celentano che accoglieva in silenzio i fischi e gli applausi senza rintuzzare le accuse o rilanciare gli elogi (tranne uno, “Sei il meglio dell’Europa”, in simpatica contrapposizione a Morandi, “il meglio dell’Italia”). Da mago dei tempi televisivi, Adriano semplicemente ha lasciato che l’onda d’urto della sua stessa nullità si propagasse in sala e nell’etere. La grande attesa si è risolta nello spettacolo del pubblico che ha colmato il vuoto della predica incompleta (vi parlerò di Dio, vita, morte e Paradiso, ma poi non ne parla) con la vuotezza anch’essa non dialogante del tifo pro e contro, entrambi insensati perché non c’era “nulla” per cui schierarsi, nulla da fischiare o applaudire.
Qualcuno saprebbe spiegare che cosa è venuto a “dire” Celentano a Sanremo? Qual è stato il suo messaggio? Io ho visto un vecchio professionista dello spettacolo sfruttare da genio (o animale) televisivo il tempo a Lui destinato con l’astuzia del mattatore milionario, spensierato e vuoto. Con un talento assoluto nel saper creare l’attesa e mantenere la tensione. Un incantatore, un ipnotizzatore. Ma alla fine ho capito (forse): mi sono rilassato solo quando ha cominciato a cantare. Là è stato grande. Il resto era scena.
19/02/2012 – blog.panorama.it