La consorte che filtra le telefonate del comico, quella che mette il naso nel lavoro del marito e quella che dà la paghetta allo showman da prima serata. Tanti uomini famosi si lasciano dominare. Ma, sorpresa, sono felici così.
I mariti, finché ne sono innamorati, le adorano, ammaliati dalla loro capacità di perfette organizzatrici. Ma chi deve subire il loro giudizio professionale può arrivare a detestarle. Sono le mogli padrone di uomini celebri. Donne giudicate spesso ingombranti, soffocanti, accentratrici. Per qualcuno vere burattinaie, autoinvestite di una missione non solo sentimentale ma anche professionale ed economica, che talvolta evoca una sindrome di Stoccolma in edizione familiare: i mariti nel ruolo dei sequestrati, le spose affettuose in quello di carceriere.
L’ultima crociata anti moglie-manager l’ha aperta Massimo Boldi accusando Silvia Verdone di manipolare il marito Christian come «una pedina». Vale la pena allora chiedersi se abbia ancora senso credere che «dietro ogni grande uomo c’è una grande donna» come cita Marika Carniti, moglie stratega del celebre neuropsichiatra infantile Giovanni Bollea, 92 anni. O se sia il caso, invece di cominciare a parlare di grandi manipolatrici alle prese con i soliti mariti infantili, dipendenti prima dalle madri e poi dalle mogli.
Per questa categoria si fa il nome di Emanuele Filiberto, assai servizievole con la moglie Clotilde Courau, si sussurra, come suo padre Vittorio Emanuele con Marina Doria («Devo chiedere a Marina» pare sia il suo tormentone). Anche se, parlando di monarchia, le donne di casa Savoia non possono certo competere con Camilla Parker-Bowles, ossessione del principe Carlo fin da quando era con Lady Diana. Quando finalmente l’ha sposato l’ha convinto a non pretendere accordi prematrimoniali, quindi si è assicurata un appannaggio di 450 mila sterline l’anno e il titolo di regina quando lui salirà al trono.
Di certo il virus delle mogli padrone non conosce ancora vaccini: sulla 7 il docureality Cambio moglie manda in onda donne che si sottopongono all’esperimento di scambiarsi per una settimana mariti, figli e case. Soprattutto quelle del Nord, racconta il curatore della trasmissione Francesco Del Gratta, «finiscono per intromettersi perfino negli affari del marito in prestito». Forse perché, come sostiene la terapeuta della coppia Gianna Schelotto, il potere femminile si è evoluto: «Prima era occulto, si esprimeva soprattutto all’interno della famiglia, magari con la conflittualità tra nuora e suocera. Adesso invece è manifesto, e sconfina inevitabilmente nei rapporti professionali del coniuge».
Nello star system le potenze muliebri si sprecano. Con diverse strategie e tipologie. Sono senz’altro mogli zarine, per esempio, Claudia Mori e Nicoletta Braschi. La prima, ribattezzata la Yoko Ono della Brianza, è capo della holding di famiglia e supervisor indiscussa di ogni trasmissione di Adriano Celentano, dove si occupa dei casting e soprattutto protegge, quasi isolandolo, il marito. Non è da meno la signora Benigni (ma guai a chiamarla così), inamovibile protagonista di ogni film del consorte (nell’ultimo, La tigre e la neve, ha ottenuto che i titoli di coda elencassero che «la scena del matrimonio è stata ideata da Nicoletta Braschi») e, soprattutto, azionista delle società di famiglia.
Altre mogli padrone scelgono una linea più morbida: sorriso angelico in pubblico, aria di chi sta un passo dietro il marito, ma pugno di ferro negli affari. Fanno parte della categoria Eva Cavalli, anima economica dell’impero che porta il nome del coniuge stilista Roberto, Nicoletta Mantovani, ex segretaria di Luciano Pavarotti, ora moglie e direttrice artistica del Pavarotti International, e Sonia Bruganelli in Bonolis: segue ogni trasmissione del marito Paolo, è responsabile dei casting e molti uffici stampa la vorrebbero più gentile.
Altrettanto morbida fuori e granitica dentro è Elena Teocoli, la moglie di Teo, che controlla con fermezza telefonino e rapporti professionali del marito e non si è fatta problemi a litigare con un potente come Antonio Ricci. Tania Rocca, moglie del campione di sci Giorgio, ha l’aria angelica da neomamma ma presidia il discesista, sebbene criticata dall’allenatore per la sua presenza, e affianca il manager nella scelta degli sponsor.
Logico che in Italia sia molto rappresentato anche il fronte delle mogli padrone materne. Testimonial Simona Izzo, che non ha problemi ad autodefinirsi «ingombrante» ma che rende comunque felice Ricky Tognazzi: «Lei è più forte e responsabile di me anche sul set» spiega a Panorama. «Se c’è da prendere qualche decisione scomoda, se si deve dire no a un attore, preferisco che a farlo sia lei». Abiti e scarpe glieli compra lei («Devo essere vestito come un neonato»), in cucina però regna lui: «Perlomeno finché Simona non si accorge che manca il peperoncino» scherza.
Accudisce il marito anche Valeria Esposito, moglie di Vincenzo Salemme, che ammette di «dipendere in tutto». Al suo fianco da trent’anni, ex commerciante e ora direttrice della compagnia teatrale di famiglia, spiega: «Mi occupo di Vincenzo a 360 gradi. Al mattino gli metto in tasca 50 euro perché lui non ha mai prelevato al bancomat e si agita se deve compilare un assegno». Supermacho in tv, lontano dagli schermi è dipendente dalla moglie Lisa Giovanoli perfino Adriano Pappalardo: «Mi vuole dietro le quinte. Si fida di me».
Questo tipo di dipendenza è pericolosa a sentire il sessuologo Willy Pasini, che sta per pubblicare un libro, Virilità in crisi: «Razionalmente i mariti accettano le mogli dominanti, ma il cervello primitivo, quello che sovrintende il sesso, le rifiuta. E la discordanza provoca caduta del desiderio». Nessun rischio per una coppia come Margaret Mazzantini e Sergio Castellitto, apparentemente sbilanciata su di lei ma feconda: aspettano il quarto figlio.
Il calo del desiderio non ha colpito neanche Carmen Russo ed Enzo Paolo Turchi, non infastidito dalle insistenze della moglie per farlo rimanere sull’Isola dei famosi. Adesso lei nello spot di un cibo per cani siede a tavola con un levriero che somiglia al marito. Tanto che gli sussurra sorniona: «Sai che ti dico? Mi ricordi qualcuno». Ma Turchi non si offende a essere trattato come un cane? «Macché, lo spot l’ho ideato io» precisa. Se non è sindrome di Stoccolma questa…
di Laura Delli Colli e Antonella Piperno
20/02/2006 – Panorama