La pellicola appena restaurata in proiezione per una settimana presso il Piccolo Osservatorio Garzia
La proiezione che riapre la programmazione del Piccolo Osservatorio Universale Garzia si ripresenta come una nuova scelta di qualità per un cinema che ne ha fatto quasi un marchio di riconoscimento e di invito al buon cinema.
Torna così nelle sale, anche a Terlizzi da oggi fino a giovedì (orari di proiezione 18.30-21), Yuppi Du, un film del 1975, diretto, prodotto, musicato ed intepretato da Adriano Celentano e presentato in concorso al 28° Festival di Cannes.
Nel 1976, la pellicola ha vinto il Nastro d’Argento alla migliore musica.
Poche settimane fa, alla 65ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, è stata presentata fuori concorso, accompagnata da una conferenza stampa senza preoccupazioni di censura, come si conviene ad un vero intellettuale, con una versione restaurata, parzialmente rimontata, e con modifiche ed elaborazioni sia nella parte video che nella parte audio, messa ora a disposizione della comunità terlizzese, anche un modo interessante per chi ha già avuto modo di vedere la pellicola originale, e apprezzarne il restauro e le nuove aggiunte di montaggio.
“Chi non lavora non fa l’amore, ma chi lavora rimane comunque un pezzente, così che se tua moglie non è ciecamente innamorata di te prima finge d’essersi suicidata, lasciandoti solo con una figlia ed un dolore che non finisce più, poi rispunta all’improvviso quando tu ti sei risposato per non morire di solitudine al solo scopo di dirti che se n’era andata a Milano a fare la bella vita con un riccone, poi sembra di nuovo disposta a stare con te e con la tua povertà, per poi lasciarti alla fine ancora più solo, stavolta pure senza figlia”. Così disse Adriano Celentano nel suo “Yuppi Du” del 1975, e così ridice a distanza di più di trent’anni all’interno di un film che, nella sua splendida versione restaurata presentata alla Mostra di Venezia, sembrerebbe ridimostrare che i decenni sono passati invano, e che il lavoro dei più umili (operai o impiegati che siano) non nobilita l’uomo, anzi, lo avvicina alla morte fisica e/o spirituale, come testimonia la scena (bella-profonda-toccante) dello scaricatore Scognamillo al porto di Marghera che, mentre la corrente elettrica se n’è andata via, riceve la visita della morte che gli annuncia che da una gru gli cascherà addosso un’enorme cassa, uccidendolo quasi sul colpo.
Il film del supermolleggiato, è ancora capace di sorprendere grazie alla sua bizzarra carica d’attuale realtà che – paradossalmente – viene svelata da uno stile a-realistico, fra il surreale e il dada, come suggerisce il titolo.
Insomma, anche se quest’anno la Mostra del cinema di Venezia ha deciso di parlare delle morti bianche attraverso due documentari, “ThyssenKrupp blues” e “La fabbrica dei tedeschi”, “Yuppi Du” affronta il tema con un’efficacia emotiva e di denuncia per nulla inferiore, anzi, per certi versi più potente, capace com’è di catturarne gli aspetti umani meno “visibili”. Sarà poi retorico e un po’ facile, ma … rispetto a quanto detto ad inizio articolo, “Yuppi Du” ha poi sempre il merito di sottolineare la dignità del lavoro, di qualunque genere (sfigato) esso sia. Così tanto e così bene che quella categoria di lavoratori che il mondo reale (borghese?) considera fatta di soli pezzenti, finisce per essere composta da tanti piccoli grandi signori dell’esistenza.
13/09/2008 – TerlizziLive.it