Torna “Yuppi du”, Celentano come Cristo in croce e Mori santa
di Davide Turrini
Torna dopo trentatre anni Yuppi du , il capolavoro cinematografico invisibile di Adriano Celentano. Mai uscito in vhs o dvd, passato giusto quattro volte in televisione (un paio a tarda notte), il film datato 1975 riemerge completamente restaurato e con un nuovo missaggio delle musiche. E La Biennale di Venezia celebrerà l’evento con una proiezione speciale il 4 settembre prossimo, durante lo svolgimento della 65esima edizione della Mostra d’Arte Cinematografica. Proprio nel capoluogo veneto, tra i suoi canali e in mezzo alla laguna, si installarono set e ambientazione agreste del film prodotto interamente dal Clan Celentano; seconda regia del molleggiato, dopo l’insuccesso di Super rapina a Milano (1964) e prima di Geppo il folle (1978) e dello sconclusionato Joan Lui (1985). Celentano all’epoca ipotizzava di diventare un realizzatore cinematografico a tutto tondo, autore pop, demiurgo in pieno delirio d’onnipotenza visiva e creativa: regista, sceneggiatore, autore delle musiche, montatore, nonché, al solito, attore protagonista. Con lui Claudia Mori, i tre suoi veri figli, Charlotte Rampling e tra i comprimari un po’ di Clan rimasto fedele (Gino Santercole) più un grande caratterista comico come Lino Toffolo. Il film racconta di Fedele Della Pietà (Celentano) barcarolo, gondoliere con l’acqua in casa, vestito di stracci ma dall’anima buona e semplice. Si sposa con l’amorevole Adelaide (Mori), ma è ancora sconvolto dal suicidio della ex fidanzata Silvia (Rampling) gettatasi tra le anse della laguna. Silvia, però, non è morta anzi, si è rifatta una vita con un miliardario milanese e riappare agli occhi di Felice sconvolgendogli notevolmente l’esistenza. Non aspettiamoci nessuna parvenza di melò perché Yuppi du è un film tipicamente celentaniano nei temi ricorrenti (ecologismo, evangelismo popolare), talvolta fin troppo irritanti (la misoginia ostentata nei confronti di Silvia; il testacoda bigotto santa/Adelaide-puttana/Silvia). Celentano si vede spesso e volentieri come un Cristo con relative metaforiche croci da trascinarsi dietro: in scena ha vere stigmate gocciolanti sangue e sulle locandine del film viene ripreso di spalle a braccia arcuate a mo dì Cristo crocifisso. Altro discorso rimane il tentativo anarcoide di minare le basi convenzionali della messa in scena già piuttosto in fermento dell’epoca: Yuppi du è formalmente un caleidoscopio sgangherato e vivo di inserti musical, frame stop , ralenti , giochi di montaggio, inquadrature dove si sfrutta tutta la profondità di campo possibile echeggiando Sergio Leone. L’impresa fruttò un miliardo, centoventotto milioni, centottantaquattro mila lire e finì addirittura in Concorso al festival di Cannes 1975. Per non parlare di tutto quel gossip che gonfiò prima e dopo l’operazione: i soldi finirono poco prima della fine delle riprese; un uomo delle maestranze morì sul set; i negozi vennero invasi da un merchandising fatto di pupazzetti e tshirt. «Celentanto inventava e improvvisava molto sul set – racconta Lino Toffolo attore nel film – c’era fantasia, gusto del colore, movimento. E in Yuppi du ha mostrato tutte le sue capacità d’artista, mettendoci solo soldi suoi e rimanendo sempre fuori dai giri della cultura che contava».
29/05/2008 – Liberazione (giornale comunista)