Una famiglia cinese a casa del “Molleggiato”
Al civico 14 della via resa famosa da Celentano vive una coppia che è proprietaria di un bar in Loreto: la famiglia Wang è sempre al lavoro, anche con impieghi part-time
Milano, 14 giugno 2007 – UN POLVEROSO mangianastri diffonde una canzone della cantante cinese Deng li Jun. I fili della luce oscillano dal soffitto tra fitte ragnatele. Le piastrelle del pavimento sono crepate, quelle della cucina sbocconcellate. E tutt’intorno un profumo dolciastro di mian tiao con hao you, spaghetti cinesi in salsa d’ostriche. A vederlo oggi, questo retrobottega al numero 14 di via Gluck, sommerso da vasetti di radici piccanti in salamoia affastellati su scaffalature traballanti, nessuno scommetterebbe che cinquantacinque anni fa era la casa di Adriano Celentano.
ORA gli inquilini sono il signor Wang Can e la moglie Lin Lin Ling, nome italiano Maria. Originaria di un villaggio – si fa per dire – di 150 mila anime nella provincia del Wenchen, Cina meridionale, è arrivata nove anni fa a Milano, dove contava sull’aiuto di alcuni parenti.
E’ riuscita a racimolare abbastanza soldi da familiari e banche in Cina per comprare un bar in zona Loreto che gestiva con i figli. Adesso se ne occupa il minore, diciannovenne, mentre la figlia di ventitré anni si è sposata l’anno scorso con un ragazzo cinese – tipo serio e gran lavoratore – che vende capi d’abbigliamento nei mercati. Quanto a Maria, dà una mano alla cassa del bar quando serve e fa i mestieri. Senza contare il suo impiego part-time: cucire e impacchettare gonne di seta e camicie di lino, pantaloni di cotone e casacche di viscosa. Nei periodi di forte richiesta anche venti ore al giorno.
I componenti della famiglia Wang sono tutti così indaffarati che si vedono di rado. Hanno appena il tempo di riunirsi alle undici di sera davanti a una zuppa di pesce fumante e raccontarsi la giornata. O lamentarsi per quanto sia malridotto lo stabile, con l’intonaco che cade a pezzi, il cortile punteggiato di rifiuti della natura più disparata e il bagno esterno, un tempo l’unico del palazzo, dove si annidano ragni grossi come topi.
SULLA SOGLIA di casa, Lin si ravvia i capelli nerissimi, sfila i guanti da lavoro e il grembiule su cui è ricamato il nome del ristorante italiano in cui sgobba giorno e notte il marito. «Celentano? Il Molleggiato? Rockpolitik?», mormora tra sé cercando di ricordare. Sforzo vano. Pezzi come «Ventiquattromila baci» o «Il ragazzo della via Gluck» per la signora Lin Lin Ling sono come ideogrammi per gli italiani: enigmi. La Maria del Wenchen sospira: «Se questo Clementano che viveva qui è un cantante, non escludo di averlo ascoltato nel nostro bar di via Pecchio, teniamo sempre la radio accesa».
(Ha collaborato Qiyan Zhan)
di Marco Alberti
14/06/2007 – Il Giorno