Una nuova vita da icona della sinistra
Celentano da Fazio: il fenomeno mediatico nel salotto trendy della Rai. Ma ci si aspettava qualcosa di più
E il conto alla rovescia, e l’attesa spasmodica (arriva non arriva?), e il timore del monologo (o della pausa), e la telefonata con Claudia Mori, e l’arrivo nel momento in cui finiscono i Tg (per non rubare la scena alla manifestazione di Berlusconi), e tante altre congiunzioni. Ma la prima vera notizia è la grande carognata che Blob confeziona come «prefatio» all’incontro mandando in onda un frammento di «125 milioni di caz…te» in cui Celentano dice cose terribili contro Fazio (perbenino, ipocrita, velenoso e altro ancora).
Si amano molto a Raitre. Per fortuna ci pensa Celentano a mettere tutti d’accordo con i suoi inimitabili playback, il balletto e le battute pronte di Luciana Littizzetto, il fintotontismo dei dialoghi e il vittimismo dei finti impotenti. Eh sì, che tempo che fa. Chi avrebbe mai detto, ad esempio, che un giorno Adriano Celentano, il Molleggiato dei nostri sogni adolescenziali, sarebbe diventato un’icona della sinistra. Perché qui sta il bello della vita: è Celentano che ha svoltato o è il variegato universo dell’Unione che si sta celentanizzando? La risposta è abbastanza semplice perché il Venerato Maestro fa quello che ha sempre fatto: ha cercato la migliore vetrina per promuoversi. Ha appena pubblicato il suo cd-monumento, il saldo finale della sua vita canterina (un triplo da un titolo molto low profile: Unica-Mente Celentano) e un libro Bompiani sulla sua ultima fatica televisiva. In RockPolitik, la curatrice Mariuccia Ciotta, firma storica del Manifesto, si dichiara folgorata sulla via di Galbiate: «Un fenomeno mediatico che ha rotto l’incantesimo della Rai, prigioniera dei reality show e del “nulla” televisivo, epurata e censurata». Eccolo lì, il fenomeno mediatico a teorizzare sul potere, sugli inceneritori, sui ricordi un po’ monotoni di Rockpolitik, sulla presunta cattiveria di chi va in televisione, eccolo lì nel salotto di Fazio, il salotto trendy della Rai (quella Rai prigioniera dei reality show e del «nulla» televisivo) a spiegare i suoi famosi silenzi.
Eccolo lì, finalmente a schitarrare, a cantare, la cosa che ancora gli riesce meglio. Ma poi è giusto così: i libri, i monumenti, i fenomeni mediatici bisogna pur venderli, facendo anche finta di essere i più grandi trasgressori del mondo. Tutti d’accordo. Però, francamente, da questo troppo annunciato incontro mi aspettavo qualcosina di più.
Aldo Grasso
03/12/2006 – Corriere della Sera