Cortometraggio del regista ispirato al pezzo «Se mi ami davvero»
ROMA «Ti porto i saluti di mamma, che è una tua grande ammiratrice». Mamma è Mina, il figlio è Massimiliano Pani il quale, insieme con Vincenzo Mollica, stava facendo un’intervista a Carlo Verdone. Lui naturalmente ha ricambiato. Perché «Mina è unica, inarrivabile, rappresenta la grande voce della musica leggera italiana». Carlo Verdone ha girato un video sul brano «Se mi ami davvero» che fa parte del cd «Le migliori» con cui Mina e Adriano Celentano tornano a duettare dopo diciotto anni.
Il breve filmato sarà mostrato nella serata speciale di Rai1 dedicata ai due grandi cantanti. Carlo, che è al suo primo video musicale, ha chiamato al suo fianco Geppi Cucciari: «Non volevo una donna dalla bellezza esplosiva, io d’altra parte sono un uomo maturo. Geppi andava benissimo». Carlo è sia l’interprete che il regista (un altro video lo ha realizzato Ferzan Ozpetek). «Mi hanno dato carta bianca, potevo anche allontanarmi dai versi della canzone ma non mi sembrava giusto. È un brano piacevole, gradevole, anche spiritoso. Geppi fa il ruolo di un’ipotetica moglie. Racconta la crisi di una coppia che nel rush finale non ce la fa a separarsi. Recitiamo senza le parole, a tratti sillabiamo per dare forza alla nostra gestualità. Ci sono, tra esterni e interni, 89 inquadrature. Ho avuto una troupe vera e propria».
Sia con Mina, che è anche la regina del silenzio dalla scena pubblica, che con un anarchico come Celentano, Verdone non si è mai incontrato. «Adriano l’ho conosciuto in passato, in questa occasione secondo me era lì quando parlavo con sua moglie, Claudia Mori. Mina suppongo che la incontrerò per la prima volta molto presto». Dopo lo scambio di saluti, Carlo ha ricevuto tutti i cd di Mina e poi la richiesta di girare il filmato. «Ho fatto presente che dovevo ascoltare il pezzo prima, mi hanno mandato una versione del rapper Mondomarcio, poi una fatta da coristi. Temevano piraterie. Ma non è la stessa cosa di quella originale e alla fine ho avuto le loro voci. In tempi non sospetti mi chiesero in una intervista quale sogno avessi, risposi un video musicale, tutti si aspettavano che dicessi per McCartney e invece pronunciai il nome di Mina. Lei è il simbolo della canzone. E poi l’eleganza, l’autorevolezza».
Non è cambiata, forse per il silenzio che l’accompagna? «Sì, credo anch’io sia questo il motivo. In questo modo non si invecchia mai. Mina è ancora quella che appare nella tv in bianco e nero di Canzonissima. Il suo silenzio va rispettato. Ingmar Bergman, dopo la separazione da Liv Ullmann, si chiuse in casa, il rumore delle sue pantofole era l’unico che volesse sentire». E Celentano? «Un anarchico. Un immenso rivoluzionario, come Elvis Presley in America. In quell’Italia bigotta cantava 24 mila baci. Imperava la melodia di Claudio Villa e Luciano Tajoli e lui portava elettricità, aria fresca, era una voce proletaria, a volte imperfetta ma era lì il suo fascino. I sermoni? All’inizio mi facevano sorridere, quando prende troppe pause lo seguo fino a un certo punto. Ha ragione Renzo Arbore: ciò che accomuna Celentano e Mina è lo swing». Lo sapeva che nel 1960 hanno recitato insieme nel film Urlatori alla sbarra di Lucio Fulci? «No. Di sicuro è un musicarello. Quando i cantanti fanno gli attori sono sempre brutti film». Il cd piacerà ai teenager? «Lasciamo che si divertano con Lady Gaga. Poi, dopo i 25 anni, scopriranno quei due giganti».
di Valerio Cappelli
09/11/2016 – Corriere della Sera (www.corriere.it)