di Maria Serena Natale
FIRENZE – “C’è sempre qualcosa di assassino nel rapporto con il padre, ce lo insegna Edipo. Eppure, come dice quel bellissimo passo dell’Ecclesiaste, ‘una generazione va, una generazione viene, la terra resta sempre la stessa… non c’è niente di nuovo sotto il sole’”. Incontriamo Vinicio Capossela prima dell’esibizione in Piazza Santa Croce a Firenze. È arrivato con papà Vito (foto di Michele Monasta) e due musicisti “di famiglia”, Rocco e Giovanni Bruolo da Calitri, il paese in provincia di Avellino da dove i suoi genitori emigrarono per la Germania. Rocco e Giovanni avevano suonato al matrimonio. Ora si ritrovano tutti insieme sulla piazza delle giostre popolari rinascimentali, al cospetto della splendida Basilica, per la rappresentazione rituale di un passaggio di sapere tra padre e figlio. “Anche se Vito non sa suonare” scherza Vinicio. “Un po’ l’armonica a bocca” precisa Vito.
Il Festival delle generazioni organizzato dal sociologo Domenico De Masi si è aperto così.
“Con un senso di gratitudine per chi è venuto prima – dice Capossela a Solferino 28/anni –. Vito non è un musicista ma ho imparato da lui l’amore per la musica, dai 45 giri di Salvatore Adamo, dai ballabili con la fisarmonica, uno dei suoi preferiti è sempre stato ‘Vinicio fisarmonicista solista’. Il dio di mio padre, per dirla con John Fante, è Adriano Celentano. Più che la rottura, l’elemento forte nel rapporto tra generazioni è la continuità”.
A dispetto della retorica della “rottamazione” e dello scontro reso inevitabile dalla riduzione delle possibilità d’inserimento nel mercato del lavoro per gli uni e dall’allungamento dell’età “attiva” per gli altri.
In una società post-industriale che prevede la progressiva sostituzione della produzione materiale con quella intellettuale – e in un Paese che conta otto milioni di giovani e dodici di anziani con aspettativa di vita sempre più alta – un dialogo intergenerazionale inteso come trasmissione artigianale di conoscenze può essere una fonte importante di stimoli e idee. Anche per nuovi sbocchi lavorativi e figure professionali. Lo scambio procede in entrambe le direzioni.
Da dibattiti e studi presentati alla tre giorni fiorentina emerge bene come i nonni siano portatori sani non solo di esperienza ma anche di valori affettivi e civili essenziali allo sviluppo di un modello di società basato su inclusività, attenzione ai temi ambientali, qualità di vita e relazioni di condivisione e solidarietà. Ai nipoti le competenze tecnologiche e l’energia per dare sbocchi concreti ai progetti.
Da questo punto d’osservazione risulta evidente la vicinanza tra le esigenze e le aspirazioni dei due estremi dello spettro sociale condannati dal sistema a consumare ma non a produrre. Cosa accadrebbe se queste due fasce trovassero nuovi modi di interagire per sbloccare l’impasse? Come potrebbe configurarsi l’alleanza?
In fondo lo scambio avviene già naturalmente nelle relazioni quotidiane, la famiglia è il primo terreno di prova. Basta passare tempo insieme, condividere ricordi, sentimenti, interessi, occupazioni per imparare gli uni dagli altri. Vito e Vinicio sono saliti insieme sul palco.
E per noi? Come avviene oggi, nel concreto della vita familiare e sociale, il passaggio di testimone tra generazioni?
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13/10/2012 – Corriere della Sera