Amarcord: quando Celentano si schierò a favore di Adriano Sofri
La vicenda giudiziaria riguardante l’omicidio del commissario Luigi Calabresi è una delle più controverse della storia italiana. L’omicidio, avvenuto il 17 maggio 1972, rimase insoluto fino al 1988, quando l’ex militante di Lotta Continua Leonardo Marino confessò ai giudici di aver guidato l’auto che fu usata per l’omicidio, e che con lui c’era Ovidio Bompressi, che venne indicato come l’esecutore materiale del delitto. Marino aggiunse che l’omicidio fu ordinato da Adriano Sofri e Giorgio Pietrostefani, che erano all’epoca i leader di Lotta Continua. In seguito a questa confessione, Sofri, Bompressi, Pietrostefani e Marino furono arrestati, per poi essere rilasciati. Ne seguì un lunghissimo e tormentato iter giudiziario, che si concluse nel 1997 con la condanna degli imputati. Marino però usufruirà della prescrizione e non finirà in carcere, a differenza dei suoi ex compagni. Altri tentativi di revisione del processo seguiranno, ma con esito sempre negativo per Sofri e gli altri. Il caso ebbe una grande eco mediatica, anche per le controversie che presentava, a causa della testimonianza di Leonardo Marino, spesso contraddittoria in maniera anche clamorosa, tanto che la versione dei fatti che a suo dire portarono all’omicidio verrà modificata più volte. A causa di queste controversie si formò fin da subito un vasto movimento d’opinione che sosteneva con forza l’innocenza di Sofri e compagni. Oltre a personalità del mondo del giornalismo e della politica, anche molti esponenti della cultura e dello spettacolo si esposero per Sofri, fra tutti Dario Fo e Franca Rame che si mobilitarono con uno spettacolo teatrale basato sulla vicenda e che donarono gli incassi per la difesa degli accusati. Del tutto inaspettata giunse la presa di posizione di Adriano Celentano, che di sua spontanea volontà scrisse una lettera al Corriere della Sera dove si schierava nettamente in difesa di Sofri. Celentano aveva seguito con interesse crescente il caso sui giornali e in televisione, tanto che, prima di scrivere la lettera, chiese maggiori delucidazioni al nipote Bruno Perini, giornalista giudiziario molto di sinistra, senza però avvertirlo delle sue intenzioni (“Mi chiedeva chiarimenti, faceva confusione su sentenze di primo e secondo grado, prendeva appunti”, ricorderà Perini divertito). Questa presa di posizione suscitò un certo clamore, dato che all’epoca la svolta di Rockpolitik era piuttosto lontana, e Celentano non era considerato esattamente un progressista. Poco dopo a Sofri verrà assegnata una rubrica sul Foglio dal suo amico Giuliano Ferrara chiamata Piccola Posta; il primo articolo fu un ringraziamento a Celentano. Se questa presa di posizione, come del resto tutte le altre, non inciderà sul caso in maniera positiva per Sofri, avrà delle conseguenze non positive per lo stesso Celentano. Adriano, su invito della Rai, nell’autunno di quell’anno avrebbe dovuto condurre un programma per Raiuno intitolato Il Conduttore. Ma la stessa Rai che lo aveva ingaggiato, con tanto di contratto già firmato, comincia inspiegabilmente a tergiversare, fino far arenare il progetto, tanto che Celentano si vede costretto a rivolgersi al tribunale per inadempienza contrattuale. I media sospettano subito che questo comportamento della Rai è conseguenza dell’intervento di Adriano sul caso Sofri: il contratto blindato del cantante prevede carta bianca, il che significa libertà totale sul progetto. L’articolo su Sofri, poco gradito alla destra, fa temere ai vertici di Viale Mazzini, che all’epoca poggiavano su equilibri piuttosto precari, che Celentano possa esternare sul caso davanti alle telecamere; più in generale temono che possa ripetersi quanto accaduto a Fantastico, condotto da Celentano nella stagione 1987/88, che con le sue prese di posizione sui temi più disparati causò polemiche a non finire ed enormi grattacapi alla Rai, anche di natura giudiziaria, tanto che Raiuno per anni si guardò bene dall’affidargli un altro programma da condurre, nonostante i record d’ascolti. Le voci giungono alle orecchie di Celentano che però, in assenza di notizie certe, non può confermare: “C’è chi dice che la Rai si sarebbe spaventata per una mia presa di posizione a favore di Adriano Sofri. Sanno che sono imprevedibile. Ma a me nessuno ha detto niente direttamente.” Il contenzioso giudiziario fa saltare definitivamente il programma. Le cose cambieranno quando nel 1998 Roberto Zaccaria diventerà presidente della Rai e Pieluigi Celli direttore generale. Celli vuole convincere Celentano a tornare in Rai, ma c’è ancora lo scoglio del contenzioso giudiziario. Alla fine si decide di chiudere la faccenda con un accordo. Celentano, non potendo più riesumare dopo tanto tempo il vecchio progetto del Conduttore, mette in piedi un programma totalmente nuovo intitolato Francamente me ne infischio, che andrà in onda nell’ottobre nel 1999 in quattro puntate col consueto successo di ascolti. La disavventura del mancato programma non indurrà Celentano a scendere a più miti consigli, tanto che nel 2000 si appellerà al Presidente della Repubblica Ciampi per concedere la grazia a Sofri.
Antonio