Claudia Mori sulla questione molestie e quell’episodio del 1970
Il Fatto Quotidiano ha pubblicato ieri la risposta di Claudia Mori all’articolo di Massimo Fini apparso ieri sul giornale sulla questione molestie.
La questione posta nell’articolo ci riporta a un vecchio episodio, risalente al 1970, che vide protagonista proprio Claudia. Lei e Adriano erano davanti al Cinema Odeon di Milano in attesa di alcuni amici per assistere alla proiezione del film Dramma della Gelosia diretto da Ettore Scola, quando si avvicinarono tre balordi che, vedendo i due da soli, pensarono bene di importunarli. Uno di loro disse agli altri: “Guarda come si fa a toccare una donna con il suo uomo accanto” e mise la mano in mezzo alle gambe di Claudia per toccarle le parti intime. Lei sobbalzò, Adriano se ne accorse e sferrò un pugno al molestatore, spaccandogli di netto il sopracciglio sinistro, dopodiché, furioso, se ne tornò a casa con Claudia senza più vedere il film. Quello che successe dopo, quando inevitabilmente si sparse la notizia è emblematico della cultura e dei costumi dell’epoca: l’aggressore finì all’ospedale e i giornali si sbizzarrirono. Sorvolando su quelli di gossip, i quotidiani nazionali definirono a turno il molestatore come “un fervente ammiratore di Claudia Mori“, “l’audace che carezzò la moglie di Celentano“; la molestia, come abbiamo visto, venne derubricata a semplice e quasi innocua “carezza“; un giornalista chiese a Claudia se al momento del fatto indossasse la minigonna (per la cronaca: non la indossava), ma la cosa peggiore fu che i giornali misero in evidenza il pugno di Adriano per dipingerlo come un uomo talmente geloso della moglie da diventare manesco con i suoi ammiratori. Il fatto che il presunto ammiratore avesse infilato la mano sotto la gonna di Claudia passò completamente in secondo piano fino a sparire quasi del tutto dai resoconti giornalistici. Un giornale titolò sarcasticamente “Celentano come Cassius Clay” per aver messo KO con un solo pugno il molestatore; dopo che Claudia denunciò il tizio, un altro quotidiano riuscì a titolare “Claudia Mori denuncia l’ammiratore che è già stato picchiato da Adriano”, come a dire: poverino, picchiato e pure denunciato; venne addirittura interpellata la madre di Adriano, la signora Giuditta, che fu costretta a spiegare l’ovvio: “Mio figlio non tratta male gli ammiratori di sua moglie. Per reagire a quel modo deve essere stato provocato“. La molestia viene fatta passare per un attacco di gelosia e le battute sul fatto che i due coniugi fossero diretti al cinema a vedere un film intitolato proprio Dramma della Gelosia si sprecano. Poco importa che, nel processo celebrato in seguito alla denuncia di Claudia, il molestatore verrà condannato (tra l’altro, si scoprì in seguito che i tre balordi avevano precedenti penali e che al momento del fatto erano armati): per anni il pugno di Adriano verrà considerato come un’aggressione quasi immotivata, tant’è che ancora dieci anni dopo il fatto, nel 1980, il giornalista Roberto Gervaso chiese conto ad Adriano di quella volta che “prese a pugni un passante“. L’episodio verrà poi col tempo dimenticato, fino a quando Claudia non ne farà menzione nel libro Due Guerrieri Innamorati, scritto per i cinquant’anni di matrimonio.
Oggi, nonostante i passi in avanti fatti, c’è chi, come Massimo Fini, sostiene che sono le giovani donne a provocare gli uomini a causa dei vestiti succinti che indossano. Il giornalista in questione dovrebbe stare più attento quando affronta certi argomenti, perché in passato incappò in un grave infortunio: riferendosi a un caso di cronaca, nel 2012 riuscì a scrivere: “Anche se il campo è minatissimo perché attiene proprio alla libertà individuale, troppo spesso le ragazze di oggi si comportano da ‘vispe terese’. Citerò, per tutti, il caso, di qualche anno fa, di tre donzelle che, sulle montagne di Abruzzo, passarono tutte sculettanti davanti a un pastore di pecore macedone che, non sapendo né leggere né scrivere, ma riconoscendo solo i propri istinti, le inchiappettò“. Peccato che due di quelle che Fini definì “donzelle” furono violentate e uccise dal pastore. In seguito alla sacrosanta indignazione suscitata dall’articolo, anche da giornaliste dello stesso Fatto Quotidiano, Fini scrisse una lettera di scuse.
Per cui, ha fatto bene Claudia ad esporsi e a rispondere alle farneticazioni di Fini. Speriamo che quel modo di ragionare prima o poi ce lo lasciamo alle spalle per sempre.
Antonio