Lucio Dalla nel 1960 è un giovane jazzista che suona il clarinetto nella Rheno Dixieland Band, complesso jazz bolognese. In quel periodo lui pensa solo al jazz, fino a quando non fa la conoscenza diretta della forma canzone. Partecipando col suo complesso a un festival dove, oltre ai jazzisti, ci sono molti esponenti della musica leggera, assiste all’esibizione di Adriano Celentano, che si presenta al pubblico in delirio, piantando un chiodo sul palco. Per il giovane Dalla quell’esibizione è una vera e propria epifania che gli fa scoprire la potenza della forma canzone, tanto che poco dopo deciderà di intraprendere una carriera proprio nella musica leggera, abbandonando il jazz: dapprima come voce, clarinettista e sax del complesso I Flippers e dopo come cantante solista, raggiungendo il successo dopo una gavetta lunghissima e piena di difficoltà. Ecco il racconto che fece Dalla dell’esibizione di Adriano che gli aprì la mente:
La forma canzone è stata veramente l’improvvisa apertura di una porta, con sbattimento e chiusura di un’altra. Potrei datarla intorno all’agosto del 1960, quando facevo esclusivamente jazz. […] andammo a fare un concerto al teatro antico di Cagliari, dove c’era un pubblico di 20.000 persone e c’era tutto lo scibile della musica leggera di allora, da Richard Anthony a Mina… tutti insomma. Rimasi colpito da un numero che fece Celentano, che era all’inizio della sua carriera […]. Uscì fuori col pubblico in delirio, prese un martello e piantò un chiodo sul palco. Quel gesto mi ha rilevato la canzone: quando uno riesce ad avere il dominio delle coscienze, facendo parte dell’immaginario che lui stesso contatta o addirittura foraggia, come nel caso di Celentano, quando uno può entrare in un file e uscire da un altro, permettersi di stare cinque minuti a piantare un chiodo su un palco davanti a ventimila persone – con la gente che applaude in delirio a ogni colpo di martello – in tutto questo c’è qualcosa di interessante. Quella sera ascoltai Celentano con orecchie diverse e dissi a me stesso: «Veramente, la canzone è grande». Così riscoprii Omero, riscoprii la grande canzone napoletana, riscoprii la canzone, questa sintesi assoluta di poesia, linguaggio e musica.
Antonio