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Hai bucato la mia…penna

Il bicchiere stretto tra le mani. Mani sudate. Ma quanti passi devo fare per incontrare la fine di questo corridoio? frugo tra le tasche, in cerca di non-so-cosa. Un accendino e due monete, una spilla. E il mio sguardo rapito, ancora una volta, da quello stupido luccichio. Lì sul tappeto persiano mezzo arricciato, lì, tra un decoro incomprensibile e uno spazio omogeneo, tra il rosso e il blu, spicca l’oro. L’oro di una fede non caduta, non smarrita. Ma gettata, gettata come elemosina, come portatrice inconsapevole di colpe, colpe di un passato mai raccontato. E la bottiglia di J&B è quasi vuota, e il mio bicchiere quasi pieno, ora non più, ora è come ritratto, di una vita assente, sospesa. Ricordo ancora quel momento, quel momento così impresso nella mente da lasciare tracce come ossesso. Mi dispero, mi ricredo, mi domando, mi conforto. Sono morto. Così morto da non sentire più dolore, così vuoto da non avere più peso. E cammino. E cammino in una stanza così grande, così grigia…E ritorno sul divano, dove tutto è cominciato, dove tutto si è concluso. Esco fuori. Basta. Non ne posso più. Il frastuono nella mente, la poesia mi è indifferente. La melanconica vita arruffata, annoiata, imprigionata. Se n’è andata. Se n’è andata lei o son rimasto io? Esco….bevo ancora…la camicia mezzo sbottonata, la manica destra arrotolata, la sinistra, indispettita, no. Disaccordo armonico tra quel che è e quel che poteva essere. Conflitto. Corro. No, mi fermo. Corro. Sudo. Mi siedo. Grido. Ecco, sì, meglio gridarlo il mio dolore. Che si sappia quanto soffro. Mentre lei s’offre…Mentre lei ci pensa a quanto male mi fa, deve sapere. Ma non vuole sapere. La mia vita è a centro target, bersaglio immobile. Colpito e affondato. Il buco. Il nero. Chiuso. Il viale della vita ora sembra colmo di cipressi. Come cimitero, come monumento. Silenzio dell’anima. Sudo, sono spettinato, maledettamente spettinato. Dentro soprattutto. Piango, non la smetto. Non la VOGLIO smettere…Non devo smettere…So che passerà, so che tornerà. Oppure passerà, sì, in fondo forse capirà…e mi chiederà perchè non l’abbia fermata. Perchè proprio io l’abbia spinta alla fuga, perchè le abbia spalancato la porta e perchè abbia chiuso il mio cuore. Lei mi chiederà e io, forse, non saprò più risponderle. Forse. Ora prendo il viale. Lo percorro al contrario. E’ salita. E’ fatica. Le note di un piano riecheggiano nell’aria. Le note che ci avevano accompagnato durante la nostra prima camminata. Le sento ancora. Le sento nuove, melense e sdolcinate…Che pena vedermi così miseramente sconfitto nello stesso specchio che prima sapeva ritrarmi sorridente. Che pena essere così meschinamente demotivato. Che sonno, sì ora devo proprio dormirci su…devo calarmi nel buio del mio sogno, laddove tutto ancora è possibile. Là, dove torna il sereno e le nuvole piangono, lavano via il dolore, portano con sè un ultimo stridulo lamento. E io mi giaccio…e io mi taccio…e io mi chiedo ancora …perchè…HAI BUCATO LA MIA VITA?

Liberamente ispirato dal componimento “Hai bucato la mia vita” di Mogol-Bella, magistralmente interpretato da Adriano Celentano con il sapiente accompagnamento del grande pianista Ludovico Einaudi….

Povate a tenere la canzone in sottofondo mentre leggete…se vi va….

Paolo

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