Le ultime parole famose (decenni di profezie sbagliate su Adriano Celentano)
Nella fortunata e lunghissima carriera di Adriano Celentano, è capitato che qualcuno lo abbia dato per finito: più volte è stato scritto che la sua carriera fosse agli sgoccioli, che non avesse più nulla da offrire, e che le sue sortite non facessero più effetto sui media. Tutte previsioni inesorabilmente smentite dal tempo; non c’è bisogno di sottolineare come Adriano ancora oggi, qualunque cosa faccia, si tratti di un programma televisivo, di un’ospitata, di un concerto o persino di un intervento sul suo blog, riesca ad attirare su di sé l’attenzione, a volte involontariamente, anche in maniera morbosa. Possiamo però divertirci a fare un breve ripasso di alcune (e sono comunque poche rispetto a tutto ciò che è stato scritto) delle cantonate più clamorose prese nel corso degli anni da alcuni autorevoli esponenti del mondo della cultura e del giornalismo.
Non contento di distruggere il mito di se stesso, Adriano Celentano sembra stia distruggendo anche la fiducia degli italiani nella Lotteria Italia. Una fiducia che era abbastanza mitica (…)
Umberto Simonetta su Il Giorno del 6 novembre 1987 a proposito delle vendite dei biglietti della Lotteria Italia abbinata al programma televisivo Fantastico 8 di cui Adriano era il conduttore.
Non si poteva non iniziare con lo scrittore milanese Umberto Simonetta. Abbiamo riportato in primo piano questa dichiarazione improvvida rivelatasi estremamente fallace sulla vendita dei biglietti della Lotteria Italia di quell’anno; vendita, che dopo una partenza a rilento, arriverà a 34 milioni di biglietti distribuiti e un incasso di 136 miliardi di lire, battendo il record dell’anno precedente che era di 33 milioni di biglietti venduti. In realtà Simonetta può essere considerato il capostipite delle cassandre celentanesche: nella sarcastica biografia edita nel 1966 intitolata Celentano, Simonetta alludeva nemmeno troppo velatamente al fatto che Adriano non avesse un grande avvenire davanti a sé, e che non avrebbe mai raggiunto “l’eterna giovinezza”, ossia non sarebbe diventato un mito e non sarebbe stato ricordato in futuro. L’esatto opposto di ciò che accadrà nella realtà tanto che, come annota Aldo Fittante nel libro Questa è la Storia, ventisei anni dopo, nel 1992, Simonetta, ospite della trasmissione di Raitre Aspettando Celentano si sentirà dire dal conduttore Arnaldo Bagnasco che il suo libro è “pieno di profezie sbagliate”. Il povero autore non potrà fare altro che concordare: “pensavo che il fenomeno sarebbe durato meno”. Nel 1995 uscirà una riedizione della biografia senza cambiamenti sostanziali, tranne che per l’aggiunta di una nuova prefazione dell’autore e per il finale sull’eterna giovinezza opportunamente modificato. Mentre il 25 agosto del 1998 Simonetta purtroppo muore a causa di un cancro, nelle classifiche imperversa il disco Mina/Celentano che, uscito a maggio, ha già venduto 700.000 copie, rivelandosi un clamoroso successo di vendite.
Celentano? Un caso demenziale.
Camilla Cederna su Novella 2000 del 24 novembre 1987, a proposito delle polemiche riguardo la trasmissione Fantastico 8.
E’ giusto che un monologo così, in un momento in cui gli stupri sono sempre più frequenti, venga proposto alla televisione, così come viene proposto in teatro (…) Forse i telespettatori, sabato sera, hanno imparato qualcosa che non sapevano. E se il pubblico di Fantastico si ribella, pazienza: è ora che migliori.
Camilla Cederna su La Stampa il 30 novembre 1987.
E’ un caso demenziale, anzi no. Si potrebbe riassumere così la tragicomica inversione di marcia della giornalista Camilla Cederna, che nel giro di cinque giorni riesce a sostenere due posizioni completamente opposte. In un primo momento, sull’autorevole Novella 2000, della trasmissione di Celentano non salva nulla. Proprio quella settimana però Adriano, con grande coraggio, manda in onda Franca Rame e il racconto dello stupro subìto, e così Cederna cambia completamente opinione e quasi si spella le mani con gli applausi. Come si può definire tutto questo? Demenziale?
Da oggi Adriano Celentano entra in quel cono d’ombra che è il destino di chi sa accendere fuochi di paglia e non di legno stagionato. Sparirà dai giornali e dalle polemiche e sarà sostituito da Raffaella Carrà e Edwige Fenech (…) Adriano Celentano non ha lasciato alcun segno nel costume o nella storia dello spettacolo. Non diventerà uno dei nuovi padri della patria del divertimento.
Paolo Granzotto, Il Giornale, 7 gennaio 1988.
E’ il bello della televisione, che per sua stessa natura, quando produce futilità, diventa al momento importantissima, attira folle oceaniche, eccita gli istinti profetici degli addetti a filosofie e sociologie di massa, e poi quietamente si autocancella, senza lasciare traccia. E’ capitato con Celentano, tribuno e guru giustamente ricaduto nel suo miliardario e innocuo privato (…)
Natalia Aspesi, 1 marzo 1988.
Mettendo da parte a fatica la tentazione di mettersi a sghignazzare sguaiatamente di fronte a cotante perle, cerchiamo di restare seri e di spiegare un paio di cosette semplici semplici: l’influenza di Fantastico 8 è stata tale che è viva e visibile ancora oggi. Adriano è stato il primo con la sua trasmissione a introdurre elementi seri nel varietà, oltre a mille altre cose. Il varietà televisivo non è stato più lo stesso da allora, nonostante i tentativi di restaurazione da parte della Rai. Lo stesso Fantastico andrà incontro a un lento ma inesorabile declino tanto che cesserà di andare in onda a metà degli anni novanta. Oggi in televisione non c’è programma d’intrattenimento dove non ci sia il momento in cui si affronta il cosiddetto tema serio (avete visto per caso di recente i monologhi di Saviano ad Amici di Maria de Filippi? Ecco). Per quanto riguarda il dimenticatoio di cui vaneggia Natalia Aspesi in cui sarebbe caduto Adriano, ci si sente imbarazzati a rispondere; basta guardare a quello che è accaduto fino ad oggi. E non c’è davvero nient’altro da aggiungere.
Aveva tante doti ma non è diventato il nostro eroe, pur tenendo con abilità la scena per molti anni, pur invecchiando (la parola è triste ma ci riguarda) con maggior lucidità di altri che hanno iniziato con lui. Cos’è mancato a Celentano? Purtroppo niente. Anzi, ha avuto troppo. Invece di sottrarre ha sommato, invece di lasciare noi ammiratori nel mistero ha sempre voluto aggiungere qualcosa in più. E’ stato ideologo quando non c’era nulla da spiegare, è stato predicatore quando c’era poco da raccomandare. Gli eroi sono dei solitari e invece lui, come tutti gli italiani, “tiene famiglia”.
Aldo Grasso, Corriere della Sera, 6 gennaio 1998.
Con la consueta volgarità (lui, come tutti gli italiani, “tiene famiglia”) Aldo Grasso abbandona per un attimo la critica televisiva e batte territori a lui assai meno congeniali. In questa sottospecie di trattato sociologico Grasso azzarda la profezia sostenendo con quel “non è diventato il nostro eroe” che Celentano, che in quel momento si trova in una fase stagnante, forse l’unica, della sua carriera, non è diventato e non diventerà un mito. Purtroppo per Grasso, nemmeno sei mesi dopo, il disco Mina/Celentano dominerà le classifiche, finendo col vendere quasi due milioni di copie, e determinando soprattutto il rilancio discografico di Adriano, che proseguirà con altri dischi, altri record di vendite, altre trasmissioni televisive, altri record di share e fiumi di inchiostro versato sui giornali a parlar di lui, compreso quello di Grasso, altro autore, l’ennesimo, di profezie sbagliate.
Nella sua lettera-manifesto, Adriano Celentano scrive grammaticalmente ciò che avrebbe potuto dire Beppe Grillo, o Pier Luigi Bersani. Ma con un effetto comico maggiore rispetto al primo e un risultato elettorale inferiore rispetto al secondo. Il vecchio ragazzo della via Gluck diverte tutti. Ma non lo segue nessuno.
Luigi Mascheroni, Il Giornale, 30 aprile 2011.
Il prode Luigi Mascheroni cerca di mettere in ridicolo l’attivismo di Adriano per il sì ai quattro referendum e per l’elezione dell’allora candidato sindaco Giuliano Pisapia a sindaco di Milano. Avrebbe però fatto meglio a informarsi un pochino prima, così avrebbe evitato una grossa cantonata. Perché Celentano è uno che ha sempre inciso con le sue prese di posizione in una parte consistente dell’opinione pubblica, come imparò a sue spese Berlusconi ai tempi di Rockpolitik; tanto che lo stesso Berlusconi, in un colloquio privato con Vittorio Sgarbi, si lamenterà dell’attivismo del cantante. E dopo il trionfo dei quattro sì al referendum e di Pisapia a Milano, anche il giornalista Enrico Mentana, nella sua consueta maratona televisiva a commento dei risultati elettorali, riconoscerà ad Adriano, collegato telefonicamente, un ruolo fondamentale per quanto avvenuto. Dopo questo infortunio, consigliamo per il futuro a Mascheroni, che blaterava di “risultati elettorali inferiori” (a cosa?), di limitarsi a occuparsi di cultura e lasciar perdere le vicende politiche che, in tutta evidenza, non sono alla sua portata.
Celentano ha però bisogno del pubblico generalista della tv: l’ideale, per età e nostalgia, sarebbe stato quello di Raiuno, ma dopo il diniego di Viale Mazzini è subentrata Mediaset (…)
Aldo Grasso, Corriere della Sera, 9 ottobre 2012.
Altro giro, altra cantonata per il povero Grasso, che si ostina a voler fare profezie pur essendo evidentemente negato (e non solo in quello, verrebbe da dire). In questo caso l’esimio professore, nel commentare il primo dei due concerti tenuti all’Arena di Verona in diretta televisiva su Canale 5, insinua che lo spettacolo televisivo di Adriano avrebbe avuto qualche difficoltà in fatto di ascolti perché trasmesso su un canale diverso dal solito e guardato da un pubblico di età avanzata con abitudini sedentarie che difficilmente avrebbe seguito il cantante in un altro contesto. Eppure al criticone sarebbe bastato dare una rapida scorsa agli ascolti delle trasmissioni passate, compresa l’ospitata a Sanremo in cui è stato oggetto di attenzioni non proprio amichevoli da parte di Adriano (e motivo dell’evidente astio di Grasso), per rendersi conto che quei numeri non li ottieni solo grazie alle persone nostalgiche di una certa età. Infatti gli ascolti diranno inequivocabilmente che un terzo degli spettatori è di età compresa fra i 25 e i 34 anni (per non parlare della gran quantità di giovani presente all’Arena). Alla faccia del pubblico nostalgico e di una certa età. Infatti Grasso (che per inciso, all’epoca ha 72 anni e questo contribuisce ulteriormente a rendere comico il tutto) cambierà argomento, non sappiamo se imbarazzato o meno per l’ennesima topica presa (ma avrebbe fatto bene ad esserlo), e per cercare di vendicarsi dell’affronto subìto a Sanremo dovrà aspettare quasi tre anni (perché nel frattempo Adriano non si è più fatto vedere in televisione), approfittando della voce falsa su un avvicinamento di Adriano al leader leghista Matteo Salvini, e puntando su un fraintendimento (voluto?) di alcune dichiarazioni di Adriano. Prendendone così un’altra, di cantonata. Provaci ancora Prof (cit.).
Antonio